La vita rappresenta un processo biologico sottoposto a continui adattamenti, finalizzati al mantenimento della sopravvivenza e dello stato di salute.
Dal momento in cui l’organismo umano (considerando la nostra specie) nasce, viene attivato quell’atavico sistema ormonale, metabolico e biochimico, di continui “aggiustamenti”, riordini, e correzioni (non solo fisiche e comportamentali, ma anche metaboliche, cellulari e genetiche), che hanno l’unico scopo di mantenerlo in vita, adattandolo appunto, al contesto sociale, affettivo, ambientale (in senso lato) che lo circonda. Questo processo evolutivo, corrisponde inevitabilmente all’invecchiamento stesso dell’organismo, definito come insieme di modificazioni a carattere molecolare, cellulare e sistemico.
Se però gli aggiustamenti cui siamo sottoposti continuamente (corrispondenti ai fenomeni ormetici e di carico allostatico di recente definizione), spostando inevitabilmente l’equilibrio (o omeostasi di vecchia memoria) verso una condizione di instabilità, sono di intensità o durata tale da creare un persistente stato di destabilizzazione o disassamento dell’equilibrio, il loro effetto sarà sì di creare un adattamento, ma in questo caso in senso involutivo invece che evolutivo!
I sistemi geneticamente determinati e gli stimoli ambientali
La specie umana in particolare nasce con un bagaglio genetico ben definito che, sostanzialmente, rispetto alle origini dell’uomo preistorico, non è grossolanamente cambiato. Infatti, i sistemi geneticamente determinati, la cui attivazione è finalizzata in ultima analisi alla sopravvivenza, sono gli stessi:
- il sistema ormonale e neurotrasmettitoriale del senso della fame (necessario per assecondare la necessità a ricercare il cibo, nutrirsi e quindi sopravvivere);
- il sistema ormonale e metabolico salvavita di regolazione (sovraregolazione) della pressione sanguigna sistemica, della frequenza cardiaca, e della glicemia (necessario per assecondare il sistema neurologico, cardiaco e muscolare e renderlo pronto al combattimento o alla fuga);
- il sistema neurotrasmettitoriale e ormonale di regolazione di attività cognitive (intraprendenza, attivazione massima delle funzioni cognitive e così via);
- il sistema ormonale, metabolico e biochimico di consumo e utilizzo delle proprie risorse (a livello mitocondriale, cellulare e di matrice, di produzione di energia, e dei suoi prodotti “di scarto[1]).
Nel caso in cui questi sistemi, così originariamente perfetti, vengano attivati in senso non finalizzato (come nelle situazioni quotidiane di “stress” fisico, psicologico o emotivo non espresso o affrontato, o alimentare continuato), il risultato sarà un persistente stato di nuovo adattamento e di nuovo “equilibrio” non più però efficace per il mantenimento della salute: disturbi del comportamento alimentare e obesità; ipertensione arteriosa, aritmie cardiache, dismetabolismi con iperglicemia e ipercolesterolemia; stati ansiosi o depressivi; stato di infiammazione cronica persistente (comprendente l’attivazione di citochine pro infiammatorie, di acidosi di matrice e tissutale, e di stress ossidativo).
Gli studi recenti di Medicina preventiva ci insegnano che su una base di individualità genetica e congenita, l’evoluzione dello stato di salute e quindi di invecchiamento in termini positivi o negativi (degenerativi e di malattia), dipenderà dalla tipologia e dalla modalità in essere di quegli aggiustamenti: di riparazione continua del DNA, di distruzione (apoptotica) di cellule malate, di attivazione o spegnimento di particolari geni. Quest’ultima funzione corrisponde alla particolare capacità di alcuni fattori “ambientali” (ossia esterni al nostro genoma) di favorire o meno l’espressione fenotipica di proteine inducenti, con meccanismi diversi, numerose malattie (il diabete mellito, alcuni tipi di tumori, sensibilità enzimatiche verso determinati farmaci etc), e di favorire o meno la longevità (considerata non solo nell’accezione di lunga durata della vita, ma anche di qualità dell’invecchiamento).
Il contributo di tali stimoli ambientali rappresenta, a margine del 25-30% di quello genetico, ben il 70-75%, annoverando tra questi, fattori in ultima analisi espressione di un individuale stile di vita, quali:
- alimentazione,
- attività fisica,
- modalità di emozionare (e conseguente stato emotivo, tono dell’umore, modalità del comportamento).
È così che anche i gemelli omozigoti potranno considerarsi “identicamente differenti”: se predisposti geneticamente a sviluppare malattie autoimmuni come la tiroidite di Hashimoto, o il diabete mellito LADA solo per citarne alcune, ma anche malattie neurodegenerative o tumorali, il loro “destino” a svilupparle cambierà con un adeguato stile di vita (comprensivo di tutti e tre i fattori sopra esposti!).
Studi recenti dimostrano che il primum movens dell’evento degenerativo alla base di numerose malattie sistemiche e non (cerebro e cardiovascolari, metaboliche, immunitarie, neurologiche, polmonari, degenerative tumorali) è l’infiammazione cronica silente di basso grado (ICSBG). Come per i principali sistemi fisiologici “adattativi” dell’organismo, il sistema biologico umano risponde ad un insulto esterno promuovendo una azione benefica finalizzata al reclutamento di molecole del sistema immunitario (Immunità innata e adattativa), necessarie per debellare un germe o altra sostanza esterna e per ricostruire i tessuti eventualmente danneggiati (con l’espressione del calor, rubor, dolor, tumor e functio laesa). La persistenza però, di un sovraccarico di questi stimoli (“chaperone overload”) porta ad un carico allostatico dell’azione del sistema immunitario, con conseguente necessità di riorganizzarsi, anche di fronte a stimoli metabolici persistenti non “facilmente affrontabili” dallo stesso, che risulta sostanzialmente immutato da almeno due milioni di anni (di fronte per esempio a un Diabete mellito, ad una obesità con dislipidemia, ad una persistenza di tossine accumulate nei tessuti di riserva, etc).
L’aspetto sorprendente di quanto emerso nell’ultimo decennio, è che questo meccanismo attivato e non più efficace ai fini della salute-genesi, annovera nelle sue vie d’azione, diversi “protagonisti”: si è visto infatti che la via “classica” delle citochine pro Infiammatorie (TNF alfa, IL6, IL8, IL1, etc), e degli Inflammasomi (grosse piattaforme proteiche citoplasmatiche eptamodulari, dip.m.700 kDa, in grado di allertarsi e prontamente attivarsi in seguito a stimoli potenzialmente pericolosi per l’integrità cellulare) (Franklin et Al.,2014; Elenkov et Al., 2005; Zhu et Al., 2012; Demirovic and Rattan, 2012), non lavora singolarmente e disgiuntamente da altri sistemi che, direttamente o indirettamente, ne comportano una attivazione. In particolare esiste una sinergia nell’indurre l’overload immunitario, tra:
- Un meccanismo infiammatorio promosso da eccesso dei radicali liberi
- Un meccanismo infiammatorio ormonale
- Un meccanismo infiammatorio da prodotti di scarto del metabolismo endogeno ed esogeno non eliminati
- Un meccanismo infiammatorio favorito dalla impregnazione, congestione e ipossia dei sistemi biologici organici deputati alla pulizia e allo smaltimento delle tossine
- Un meccanismo infiammatorio psico-emotivo
L’attivazione sbilanciata di uno di questi meccanismi, porta reciprocamente al possibile coinvolgimento di uno o più degli altri sistemi che fanno capo all’equilibrio omeostatico, con rottura di questo e insorgenza della malattia.
Il meccanismo infiammatorio promosso da eccesso dei radicali liberi: invecchiamento e lo stress ossidativo
Tra le teorie più accreditate dell’invecchiamento, accanto a quella dell’errore catastrofico delle proteine[2], molto forte è quella dei radicali liberi.
Immaginatevi una catena di montaggio dove un operaio con una funzione specifica, ma mancante dello strumento necessario per attuarla, non sarà soddisfatto e non si fermerà fino a quando non troverà questo strumento, concessogli da un altro operaio con la sua stessa impellenza (ma al contrario, di cessione dello strumento), creando così uno scompiglio continuo in fabbrica. Questo è il meccanismo per il quale una specie chimica (ione o minerale) mancante di un elettrone nello strato più esterno del suo nucleo (e che per questo prende il nome di radicale libero) e formatasi a seguito di un processo metabolico prevalentemente di fornitura energetica, risulta altamente instabile, e tende, per una nuova stabilizzazione, continuamente a ricercare un elettrone da un’altra specie (reazione di ossidoriduzione nella quale la specie che perde l’elettrone si ossida, e quella che lo riceve si riduce).
Lo stress ossidativo corrisponde all’effetto di prolungata attività ossidoriduttiva e conseguente maggior produzione di radicali liberi. Al pari di altri sistemi accennati sopra, messi a punto dal nostro organismo in senso protettivo, anche quello dei radicali liberi è necessario per il corretto funzionamento, in particolare, dell’attività genetica e dell’espressione di alcuni geni. In altre parole, alcuni fattori di trascrizione nucleare (NfKB), alcuni fattori di sintesi proteica a funzione protettiva e immunostimolante (HFS e HSP) e altri enzimi, sono sotto il controllo del sistema dei radicali liberi. A condizione però che questi non superino la dose-soglia di 250-300 U Carr.
Tra i Radicali liberi, oltre allo ione H-, quelli più pericolosi e con effetto simile alle radiazioni, appartengono alla famiglia delle specie reattive dell’Ossigeno o ROS (anione superossido O2-, idrossile OH-, Ossido Nitrico NO2, ossigeno singoletto O2+, l’Ozono O3, e il perossido di idrogeno H2O2): quando in eccesso, non sono più a capo di processi di riparazione del DNA e di difesa immunitaria ma, al contrario, di innesco di processi biologici di danneggiamento cellulare, mitocondriale e del genoma. Ed essendo particolarmente instabili, queste molecole continueranno a destabilizzarne altre per riequilibrare l’elettrone mancante nello strato esterno dell’atomo, continuando in modo perpetuo il danno. La loro caratteristica principale è la tendenza infatti ad ossidare vari substrati organici (carboidrati, lipidi, amminoacidi, proteine, nucleotidi etc.).
Ogni qualvolta si verifica un processo metabolico, e in particolare, di produzione di energia e consumo di ossigeno, verranno prodotti radicali liberi, soprattutto in quella fucina di energia che è il mitocondrio[3].
Normalmente l’organismo mette in atto sistemi antiossidanti diversi (enzimatici e non) per favorire l’eliminazione dei Radicali Liberi in eccesso, quali:
- sistemi enzimatici (eliminano principalmente il radicale superossido e il perossido di idrogeno impedendo loro di reagire attraverso la reazione di Haber-Weiss e produrre il pericoloso radicale OH-): l’enzima superossido dismutasi (SOD), Zinco dipendente (che catalizza la seguente reazione: 2 O2.-+ 2 H+ ⇌ O2 + H2O2); la catalasi, responsabile dell’eliminazione del radicale ossidrile liberato dal Ferro in eccesso; il Glutatione, che può agire da solo e diventare substrato per altri enzimi (glutationeperossidasi).
- sistemi non enzimatici: possono bloccare le reazioni di formazione (innesco) dei radicali liberi oppure inattivare (scavengers) i radicali, conducendo a reazioni di arresto (Fig. 6); traquesti: Vit E, Vit C, carotenoidi, polifenoli, Coenzima Q10, antocianine, melatonina, etc.
Oltre a questi enzimi, altri sistemi sono necessari al processo di detossificazione (ed eliminazione) anche dei radicali liberi, quali il fegato (dove vi è la chelazione e l’eliminazione di metalli pesanti in eccesso, fin dove possibile), e la matrice extracellulare (vero e proprio microcosmo di reazioni biofisiche, di scambio ormonale e neurotrasmettitoriale e di drenaggio vascolare).
La formazione e produzione di radicali liberi è favorita da:
- fattori endogeni: trasporto di elettroni nei mitocondri (nella produzione aerobica di energia); Beta ossidazione nel metabolismo degli acidi grassi; reazioni del citocromo P450 (metabolizzazione dei farmaci, delle sostanze tossiche etc); attività delle cellule fagocitarie del sistema immunitario;
- fattori ambientali esterni: inquinamento (agenti chimici come gli inquinanti, gli idrocarburi aromatici, i pesticidi), alcool, fumo, farmaci, radiazioni ionizzanti e raggi ultravioletti, rX, alcuni additivi degli alimenti, eccesso di Ferro, metalli pesanti e grassi saturi o trans che una volta ingeriti e per la loro instabilità producono Radicali Liberi, attività fisica intensa (per formazione dell’acido lattico dalla trasformazione anabolica del glucosio).
Il meccanismo principale di danno dei Radicali liberi sulle cellule è costituito dalla perossidazione lipidica dei grassi di membrana (di rivestimento delle cellule). È chiaro quindi che il loro target d’azione possibile è molto ampio, portando a conseguenze quali la distorsione cellulare, la rottura molecolare e la formazione di legami crociati), creando un danno cellulare a diversi livelli: lipidi di membrane, carboidrati, proteine, acidi nucleici.
L’Ossigeno che noi introduciamo respirando viene utilizzato per il 95% per produrre energia mentre la parte rimanente è alla base della produzione dei radicali liberi.
Immaginatevi un sistema, il nostro organismo, dove da una parte vi è sovraccarico di produzione di Radicali liberi legata alla “normale vita quotidiana” (per stimolo ambientale, alimentare o fisico) e dall’altra un difetto di eliminazione, per stagnazione o ipossia anche degli organi (tra cui il fegato e la matrice extracellulare) deputati al processo di detossificazione (situazione molto frequente che occorre non solo in situazione di patologia, ma anche in tutti i casi di impregnazione tissutale di Reckeweghiana definizione che accompagnano molto spesso la nostra quotidianità). È l’inizio della fine! Con inizio dello stimolo infiammatorio cronico silente.
Il meccanismo infiammatorio ormonale
L’asse dello stress, ipotalamo-ipofisi-surrene, comporta, quando attivato, il reclutamento di una o più ghiandole recettive facilmente ai cambiamenti.
Alcuni protagonisti di questo intervento sono ormoni con potentissima azione infiammatoria diretta o indiretta per stimolo sul sistema Immunitario. Essendo, quello ormonale, un sistema per definizione di feed-back, percezioni ipotalamiche e ipofisarie di alterazione di un livello ormonale nel sangue (per esempio l’ormone Ft3 o la sua parte inattiva l’Ft4) comporteranno la reazione conseguente di stimolo o inibizione, di funzione della ghiandola (incrementando il TSH ipofisario nel caso di Ipotiroidismo “periferico” o abbassando lo stesso in caso di Ipertiroidismo). È molto importante ricordare che il riscontro, a volte casuale, del solo cambiamento del messaggero di comunicazione centralina ipofisi-periferia ghiandolare (in questo caso del TSH, con valori ormonali di Ft3 e Ft4 nella norma), non deve essere motivo (tranne in rare eccezioni come quella, in questo caso, di una ricerca di gravidanza) di intervento correttivo sostitutivo farmacologico. Al pari dell’effetto di un elefante in una cristalleria, questo infatti contribuirebbe solo all’avanzamento, in senso irreversibile, di quel tentativo (inizialmente efficace) dell’organismo di riequilibrare il sistema centrale-periferia a seguito di minori o maggior richieste dell’organismo (in questo caso, per esempio: anemia, diete ipoproteiche prolungate, stress emotivi prolungati con persistenza o meno anche di elevati valori di prolattina).
Di seguito l’elenco di alcuni tra gli ormoni riconosciuti come infiammatori.
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